Per Roma “coalizione larga” senza primarie Calenda va bene ma non reciti da solo

di Titti Di Salvo

(Foto da Internet)

Respiriamo di nuovo quell’ansia conosciuta in primavera quando il Covid ha sgretolato la sensazione di invulnerabilità dei tempi moderni. Non solo in Italia e non solo a Roma. Ma a Roma il contesto è quello di una città provata dall’incuria e dalla cattiva amministrazione, che amplificano la percezione di solitudine e precarietà.

Virginia Raggi nel 2015 è diventata sindaco sull’onda della promossa del M5S di nuova e buona politica sull’onda del discredito delle forze politiche tradizionali. Nonché di mafia capitale. La promessa di buona politica è stata disattesa. Virginia Raggi si è ricandidata ignorando la rottura sentimentale con la città che questa estate anche Grillo le aveva segnalato con il sonetto del ” Non ti meritano”. Ma questo fallimento non regalerà in automatico la vittoria al centrosinistra. In primo luogo la città merita rispetto, generosità politica e una classe dirigente che ne sappia interpretare la voglia di futuro alla fine di un ciclo che la vede profondamente diseguale. Una classe dirigente competente, dopo l’esaltazione dell’incompetenza. In sintonia con le speranze del centro e delle periferie, dopo la supponenza e l’arroganza degli slogan. Nel campo del centrosinistra romano, che è il mio, si è avviato un tavolo di coalizione per definire il manifesto della Roma del futuro. Siamo partiti.

In secondo luogo per recuperare credibilità la classe politica tutta deve agire in trasparenza e coerenza. Con parole di verità. Senza ipocrisie. Roma è un tema nazionale. Lo è perché è la capitale. Perché è Roma che in anni diversi ha proiettato nel mondo l’idea della contemporaneità.
Lo è nella discussione di tutte le forze politiche. Dirlo non è mancanza di rispetto nei confronti dell’impegno dei gruppi dirigenti locali.

In terzo luogo. Alcune persone, donne e uomini, hanno detto di voler concorrere alle primarie di coalizione perla scelta del candidato sindaco. Ho considerato veramente inaccettabile l’appellativo con cui le storie politiche importanti di quelle persone sono state definite giornalisticamente. Dett ciò le primarie come modalità di selezione della classe dirigente e delle cariche monocratiche sono nello statuto del Pd. Ma
è evidente che se c’è ima coalizione larga, per la coalizione non vale solo lo statuto del Pd. Non è questione di big o non big. Non può neppure essere questione di tattica. Se il perimetro è quello del centro sinistra.

Infine ha senso che nelle elezioni amministrative future i partiti più grandi che governano insieme il Paese – Pd e M5S – interloquiscano alla ricerca di candidature comuni. Nonostante le esperienze recenti consiglino diversamente. Ma in ogni caso semplicemente questa opzione a Roma oggi non esiste. La rottura sentimentale con la città dell’attuale amministrazione capitolina è così profonda da rendere improbabile quesla opzione. E non solo oggi. Né prima né dopo cioè gli Stati generali del M5S.

Da qualche giorno Carlo Calenda ha annunciato di volersi candidare a sindaco di Roma. Portiamo di un uomo di grandi competenze unite a una efficace comunicazione politica. Sicuramente una candidatura forte e penso
con il profilo giusto per aggredire i problemi antichi della città e
guidarla verso l’innovazione. Ma queste qualità, se sono sufficienti a rendere prestigiosa la sua candidatura, non bastano per diventare sindaco.

Per centrare l’obiettivo serve mobilitare una comunità politica di
donne e uomini. Fetta non solo
da militanti del Pd ma anche da
militanti del Pd che in questi anni ci sono stati, hanno fatto la politica del piccolo gesto e dell’opposizione in Campidoglio proponendo un’idea diversa di città.
Ecco anche insieme alle associazioni, alle forze sociali, achi non
si rassegna al declino di Roma, si
tratta di costruire una proposta
per il futuro della città. Perché
appunto…prima Roma.

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