Recovery fund, l’insostenibile leggerezza dei “cluster”.

di Titti Di Salvo

Non si capisce perché bisogna mutuare dalla pandemia i termini tecnici, invece che mettere a frutto le lezioni del Covid. Nelle “linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza” del governo si definiscono gli obiettivi che il governo intende raggiungere con i 209 miliardi del Next Generation EU. Si dice che ne uscirà un’Italia diversa e più moderna, con un raddoppio del tasso di crescita e 10 punti in più del tasso di occupazione. Si tratta di obiettivi importanti, ma che non sembrano fare i conti con le fragilità del nostro sistema economico e produttivo, messi a nudo dal Covid. Come se la malattia non avesse cambiato la percezione delle “magnifiche sorti e progressive” del mondo di oggi.

Quelli che nel testo vengono definiti i “cluster” di intervento sono: digitalizzazione e innovazione, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per la mobilità, istruzione e formazione, equità, inclusione sociale e territoriale, salute. Tutto giusto. E tutto già contenuto nel piano Colao e tutto già detto negli Stati generali. Ed è tutto ciò che è mancato al paese e ne ha decretato il suo declino, prima del Covid. Ma la pandemia ci ha mostrato anche l’importanza del prendersi cura: delle persone, dell’ambiente, del welfare. Il ruolo delle donne nel reggere l’economia e le famiglie. La nuova percezione dell’innovazione come soluzione ai problemi della quotidianità, la straordinarietà del cambiamento del lavoro determinato dallo smart working e i suoi effetti di sistema.

Francamente sarebbe servito un piano più coraggioso e meno “cluster”. Più politica come rappresentanza. L’Italia punterà o no sui giovani e sulle donne? Guarderà o no le politiche da finanziare attraverso la lente d’ingrandimento dell’impatto sull’occupazione femminile e giovanile? Coglierà l’effetto di sistema dell’esplosione del digitale sulla vita delle comunità e sull’assetto delle città? La lettura dei testi presentati dal governo lascia tutti interi gli interrogativi. Su quale sia la direzione di marcia da imboccare coerente con la visione della modernizzazione del Paese. È come se non venisse fuori dai progetti indicati una visione viva di paese e l’indicazione della strada, tra le diverse possibili. L’auspicio è che il Parlamento dia un’anima, colga la necessità del paese di sentirsi rappresentato nelle sue difficoltà e nelle sue speranze. Ai partiti e al Parlamento tutto ciò, cioè la rappresentanza, spetta per definizione. Siamo in attesa.

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